Non dimenticare
Questo è il cartellone che abbiamo affisso ieri all’entrata del chiostro dell’università, durante l’aperitivo sociale, per ricordare la strage fascista di Piazza Fontana del ’69 e quella di Piazza Dalmazia, a Firenze, dello scorso anno. Sul cartellone c’è scritto “Tu non dimenticare!” che significa molte, molte più cose del semplice ‘non dimenticare’. L’antifascismo non si delega. Se lo si delega, lo si nega.
A noi la scelta.
Di seguito un interessante articolo che rigiriamo da Pagina/13.
Rinfresca la memoria.
Nessuno è Stato 12.12.69
Questo è il Il 12 Dicembre di quarantatré anni fa ha rappresentato una frattura profonda e indelebile nella storia dell’Italia repubblicana. Alle 16.37 di quel venerdì esplode una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a Piazza Fontana, Milano. Nell’esplosione muoiono 16 persone e ne rimangono ferite 88 a cui vanno sommati i feriti delle bombe esplose pochi minuti dopo a Roma, ad una agenzia della Banca Nazionale del lavoro e all’Altare della Patria, che feriranno complessivamente 18 persone. La tragicità dell’evento si somma alla drammatica prosecuzione delle indagini. Infatti, il mondo della sinistra extraparlamentare, in particolare quello anarchico, verrà assediato da perquisizioni e interrogatori, uno di questi finirà nella morte dell’indagato. Il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli viene invitato in questura per le indagini e, seppur dopo 48 ore di fermo sarebbe servita una conferma da parte del giudice, Pino Pinelli rimane in questura fino alla notte del 15/16 dicembre, quando, circa a mezzanotte, vola giù dalla finestra del quarto piano della questura di Milano. In modo completamente ipocrita (e, come si vedrà in sede giuridica, contraddittoria) le affermazione degli agenti presenti nella stanza parleranno di suicidio. Un suicidio motivato dalla sconfitta di un anarchico che si è visto scoprire dalla Stato che combatteva e che nel gettarsi dalla finestra avrebbe urlato “viva l’anarchia”. Tuttavia Pinelli era innocente e, seppur il giudice Gherardo d’Ambrosio chiuderà le indagini sulla morte non giudicando nessuno e parlando di “malore attivo”, le false affermazioni e il fermo illegale a cui era seguito un interrogatorio duro senza pause per dormire o mangiare, ci possono condurre a parlare tranquillamente di omicidio di Stato. Una diciassettesima vittima nella lista di quella strage, a cui si aggiungerà una diciottesima che, in senso più lato, è una vittima civile. Ci si riferisce a Pietro Valpreda, anarchico del circolo romano 22 Marzo, che già il 17 dicembre verrà disegnato nelle pagine di tutti i quotidiani come il mostro della strage. Sulle stesse pagine de L’Arena il 17 dicembre comparirà la foto di Pietro Valpreda e il giudizio acritico dei giornalisti (si tratta, nel caso de L’Arena di un articolo redazionale, senza firma), con una sentenza aprioristica che colpirà anche Pinelli, “suicidatosi” secondo i mass-media che affidano i propri titoli alle affermazioni false degli agenti. In quarant’anni la storiografia ha portato le sue verità, mentre nelle sedi della giustizia delle istituzioni dello Stato nessuno sarà condannato ma i familiari delle vittime saranno costretti a pagare le spese legali degli indagati assolti.
Con la sentenza del 2004 tutti i nuovi indagati verranno assolti, lasciando però una condanna, non più proseguibile in sede giuridica in quanto i due “condannati” erano già stati precedentemente assolti, per Franco Freda e Giovanni Ventura. Sono questi i due protagonisti attorno a cui si inizieranno a scoprire sempre più indizi e trame oscure, all’inizio degli anni settanta. Protagonisti fascisti di quella che è stata definita strategia della tensione, ovvero, nelle parole di Aldo Moro, quel progetto che “ebbe la finalità di rimettere l’Italia nei binari della normalità dopo le vicende del ’68 e del cosiddetto autunno caldo”. Sia chiaro che non si può, come spesso fu fatto dalla sinistra, attribuire questa strategia alle mani di un unico piano onnicomprensivo, omogeneo e governato da una sola centrale. Bensì un disegno portato avanti da diversi attori, negli apparati statali, che hanno usato i post-fascisti come esecutori materiali delle stragi.
Gli argomenti di cui parlare sarebbero troppi per essere racchiusi in un articolo cosi breve, sarebbero troppi i depistaggi da raccontare e le conseguenze di quella strage. In questa sede ci basta indicare la figura di Guido Giannettini, fascista, giornalista e informatore del Sid, servizio segreto che faceva capo al ministero della Difesa, che era ampiamente in contatto con Freda e Ventura e che, tuttavia, verrà tenuto nascosto da parte delle istituzioni a cui faceva capo, durante le richieste dei giudici che indagavano. Altro eclatante esempio di come si sia voluto depistare le indagini, è la nota informativa del Sid del 16 dicembre 1969 in cui si afferma che l’esecutore delle bombe di Roma è Mario Merlino, su indicazione di Stefano delle Chiaie. Seppur già il 16 dicembre si avessero indizi che avrebbero potuto portare le indagini sulle orme dei fascisti, questo non venne fatto e, anzi, tutto fu riversato sulla sinistra extra-parlamentare. Movimento che si difese e lo fece attivando la controinformazione, ovvero un insieme di strutture e metodi simili a quelli dei servizi segreti. Fu la controinformazione che portò, nel giugno 1970, all’inchiesta “La strage di Stato”, un libro che, nei suoi difetti, a quarant’anni di distanza si dimostra tutt’ora valido e la cui intuizione di fondo è stata provata anche storicamente: il termine Strage di Stato identifica una verità inconfutabile. L’importanza di ricordare questo tragico giorno sta nella sua essenza di momento cardine della vita politica e non solo (si pensi alle conseguenze che la strategia della tensione porterà nella arte dal cinema, alla musica, al teatro) dell’Italia. Un momento in cui diversi protagonisti delle istituzioni si fecero attori coscienti di un piano che avrebbe dovuto condurre il Paese su strade autoritarie o maggiormente conservatrici.
La bibliografia sull’argomento è ampia in ragione del fatto che subito dopo la strage si attivarono scudi di autodifesa e dal fatto che si volle ragionare su quello che stava accadendo. Tuttavia per un approfondimento di Piazza fontana e della strategia della tensione, risultano utili il libro di Mimmo Franzinelli “La sottile linea nera”, il libro di Aldo Giannuli “Bombe a inchiostro” e il libro di Giorgio Boatti “Piazza Fontana”. A ciò si può aggiungere un recente libro di Adriano Sofri scritto in polemica a Paolo Cucchiarielli, scaricabile al sito 43anni.it e il sito, sempre in polemica con Cuccchiarielli, gestito da alcuni membri dell’ex circolo 22 Marzo, http://stragedistato.wordpress.com/, in cui materiale non manca.
Oreste V.