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un appello dal rettorato rivoltato

giriamo anche qui il documento uscito dalla giornata di laboratorio e assemblea nel rettorato occupato.

Dal rettorato rivoltato, un appello agli studenti
Siamo studenti e studentesse, ricercatori dell’università di Verona.
La nostra mobilitazione, gli oltre due mesi di battaglie e iniziative condivise, rappresentano uno strenuo tentativo di dare voce alle preoccupazioni e alle domande che affollano, con insistenza, le nostre giornate.

Un tentativo di resistenza, per non essere risucchiati nel silenzio e nell’apatia, nel disinteresse e nel distacco. Nella noncuranza che ci circonda e che divora inesorabilmente ogni tentativo di iniziativa politica.
Complici con quanto irrompe e spezza la stagnazione caratteristica del Paese, ma consapevoli del contesto in cui ci muoviamo, abbiamo pensato di attraversare queste giornate di mobilitazione in una maniera diversa, focalizzando anzitutto l’attenzione sull’indifferenza diffusa che, alimentata anche dalle posizioni istituzionali, compromette sul nascere ogni percorso di partecipazione democratica, tanto fuori quanto all’interno del nostro ateneo.

Oggi, mercoledì 22 dicembre, in occasione della votazione sulla riforma Gelmini, abbiamo voluto testimoniare la nostra solidarietà e vicinanza agli studenti e alle studentesse che, in ogni piazza d’Italia, hanno sentito la necessità di prendere una ferma posizione di rifiuto. Rifiuto, in primo luogo, nei confronti di tutto ciò che, da troppo tempo, e ogni volta in forme diverse, si impone sulle nostre vite come ingiunzione sovrana, come imposizione violenta di un destino che in nulla ci appartiene, e che per nessuna ragione – sia essa politica, economica o sociale – vorremmo avallare.

La riforma Gelmini, in ogni suo articolo, non fa altro che peggiorare la già difficile situazione della nostra università, e con essa le vite di chi al suo interno studia, lavora e ricerca. I risultati ai quali porterebbe una sua applicazione non farebbero altro che aggravare il movimento di riduzione dei saperi a mera merce e, di conseguenza, a profitto per i privilegiati. Al centro di questo processo stanno le nostre vite, trattate da una parte come intralcio nei confronti di un sistema tanto più perfetto quanto più silenzioso, dall’altra come indispensabili – e insostituibili – macchine di consumo. Per tali motivi la nostra protesta è ancora una volta la protesta di quelli che vivono sulla propria pelle le decisioni di una minoranza elevata alle alture istituzionali.

La scelta di occupare e detournare il rettorato non è stata perciò casuale: essa muove dalla volontà di dare nuovo significato al luogo solitamente riservato alle decisioni inappellabili, restituendolo in tal modo al dialogo e al confronto democratico tra le diverse componenti che danno vita all’università.

Il nostro scopo non è stato, beninteso, quello di sostituirci ai figuranti del potere istituzionale, subentrare al loro posto, entrare nei loro ranghi ed esprimere in tal modo il desiderio d’istituzione che è in noi. Niente di tutto questo: il nostro rifiuto muove dalla consapevolezza che il nostro compito, la nostra prestazione specifica, in qualità di studenti, non può che essere quella di studiare, scrivere e rivoltarci.

Studio e rivolta. Gli studenti non hanno da scegliere l’una o l’altra cosa: essi invece possono, insieme, rivoltarsi per poter ancora garantire uno studio degno di tale nome, e studiare per garantire sempre nuove forme di protesta, sempre nuove situazioni di rivolta, sempre nuovi ed ingegnose difese contro ogni deriva despotica del dispositivo universitario.

studenti e studentesse di Verona
dalla Sala degli Specchi
23/12/10 – h 00:30